Certo che i media sono incredibili: hanno la capacità in un attimo, nel bene o nel male di diffondere “verità” indiscutibili, ma spesso con metodiche opache. Prendi ad esempio l’ultima questione posta all’attenzione dell’opinione pubblica: la presunta correlazione tra infezione COVID19, il particolato atmosferico PM10 e gli allevamenti in pianura Padana. E’ stato facile creare un nesso di causa effetto, dove l’allevamento è il “capro espiatorio”, cioè la clamorosa causa della pandemia in Italia. E’ facile altrettanto fare ipotesi altisonanti, ammantate da una qualche firma autorevole di professori universitari e qualche medico e il gioco è fatto. Il colpevole è servito sul programma di grande tiratura come Report di ieri sera (13/04/20), che si appoggia come fonte scientifica su un recente studio pubblicato da Società Italiana medicina per l’ambiente. Prima di fare considerazioni sull’opportunità o meno di queste ipotesi, è senza dubbio giusto provare a verificare la fondatezza dello studio e della tesi. Se fosse vero, di fronte ad una pandemia tale, non sarebbe giustificato alcun tentennamento. Ma se fosse tutta una montatura, risulterebbe anche criminale.
PM10 e COVID19, ALLA RICERCA DEL CAPRO ESPIATORIO
Spagna, una nuova legge regola i prezzi agricoli
Lo yogurt di produzione agricola al Concorso Nazionale Agri Yogurt
In occasione della recente edizione di FIERAGRICOLA di Verona (29 gennaio-01 febbraio 2020), col patrocinio del MIPAF, in collaborazione con Bevilatte agenzia di servizi per l’agricoltura, Accademia Italiana del Latte, FDstore e con il patrocinio dell’Ordine Dottori Agronomi Dottori Forestali di Brescia, si è svolta la decima edizione del Concorso Nazionale Agri Yogurt Italia, riservato ad Aziende Agricole, Caseifici Sociali e Produttori Artigianali.
Declinati sotto le sue varie tipologie di latte d’origine, al Concorso Agri Yogurt sono stati assaggiati da competenti giudici ben 102 prodotti provenienti da tutta Italia. Tutti yogurt “bianchi” naturali senza aggiunta di sapori, tra i numerosissimi vaccini, c’erano poi quelli da latte di capra, perfino di bufala e, novità di questa decima edizione, yogurt da latte ovino.
Il controllo di gestione nell’allevamento di vacche da latte: un caso pratico di successo
Sul controllo produttivo negli allevamenti di vacche da latte si sa tutto: quanto produce ogni singola vacca al giorno, la qualità del suo latte, se è gravida o in calore, di quale genealogia è figlia, se conviene trattarla alla messa in asciutta (cellule differenziali). Cosa e quanto mangia, quante le proteine giornaliere, la loro degradabilità, ecc. Poco o nulla invece si sa dell’efficienza economica della mandria, o, per meglio dire,dell’azienda zootecnica.
COSTO DI PRODUZIONE DEL LATTE LOMBARDO 2017
Il contesto di produzione della Lombardia
Le consegne di latte bovino lombardo per l’anno 2017 risultano essere state di 5.110.729 ton (AGEA), per un valore complessivo pari a circa 2 milioni di euro. Tale quantitativo corrisponde al 43% della produzione nazionale, così come evidenziato nel grafico sottostante. Nelle sole province di Brescia e Cremona si concentra la maggiore produzione, pari a circa il 60% del latte lombardo. (CLAL.it)
Soresina ricicla la plastica
Buoni sconto di latte per chi contribuisce a mantenere pulito il Pianeta
Lo sfruttamento consapevole delle risorse e la lotta agli sprechi rivestono un’importanza sempre maggiore per garantire la protezione e la conservazione dell’ambiente. In questo modo, la raccolta differenziata degli imballaggi di plastica è argomento sempre di stretta attualità, proprio perché è in grado di coinvolgerci in prima persona e nel nostro quotidiano. Con l’iniziativa “Riciclare ti premia”, un progetto di educazione civica promosso dal Comune di Soresina, in collaborazione con ASPM (Azienda Servizi Pubblici Municipalizzati), si sono coinvolti i cittadini a compiere un’azione etica ed utile. Si sono resi protagonisti consapevoli di un ciclo virtuoso, basato sul riciclo dei rifiuti, con l’obiettivo di incrementare la raccolta differenziata ed avere una città più pulita. A seguito del progetto nel settembre del 2017 è stata installata dall’Amministrazione comunale una macchina automatizzata per la raccolta e la compattazione delle bottiglie di plastica presso i giardini di Via Marconi, di fronte al municipio di Soresina. Se da una parte è doveroso agire per contribuire al meglio a progetti di questo tipo, non sempre a tale dovere corrisponde un vantaggio economico. Lo scopo di questa operazione invece è proprio quello di premiare le persone che si impegnano attivamente per questo fine.
Economia circolare, dagli scarti caseari alla plastica biodegradabile
Con un prezzo del latte in caduta libera, urgono idee e nuovi approcci. Il principio dell’economia circolare ne offre alcuni di grande interesse, come quello di realizzare una plastica biodegradabile a partire dal latte di vacca. L’idea iniziale è venuta a Tessa Silva-Dawson, studentessa di design al Royal College of Art di Londra. Il nuovo materiale è un prodotto di crescente interesse, spiega la designer, se si pensa a come il prezzo del latte sia precipitato sotto quello dell’acqua in bottiglia. Proporre l’applicazione di questa materia per prodotti diversi da quello alimentare potrebbe promuovere l’industria lattiero-casearia. Inoltre, il siero di latte,cioè lo scarto della lavorazione del latte in formaggi, spesso viene sprecato in grande quantità. Con lo sviluppo di quest’idea non si aumenterebbe la produzione del latte, ma si riutilizzerebbe una materia comunemente sprecata, ma ampiamente disponibile”. Presto fatto: anche l’Italia non è da meno con il progetto BIOCOSÌ. Sviluppato dall’ENEA in collaborazione con la start-up pugliese EggPlant, Biocosì (tecnologie e processi innovativi per la produzione di imballaggi 100% BIOdegradabili e COmpostabili per un’industria Sostenibile, economica/circolare ed Intelligente) trasformerà in 18 mesi i rifiuti caseari in risorse, ridisegnando il packaging in chiave sostenibile e introducendo materiali biodegradabili nelle linee produttive.
Latte italiano? Se lo dice l’etichetta…
Nel mondo del latte c’è grande soddisfazione: finalmente quello italiano è riconoscibile dall’etichetta! Il 19 aprile entra in vigore il nuovo decreto sull’etichettatura d’origine per i prodotti lattiero caseari Decreto 9 dicembre 2016. Sono tre gli elementi che troveremo sulle nuove etichette: origine del latte, Paese di trattamento, Paese di confezionamento. Una svolta epocale per il nostro latte, che traspare, infatti, dalle dichiarazioni trionfalistiche delle Organizzazioni sindacali agricole e da parte dello stesso Ministro delle Politiche agricole e forestali Maurizio Martina. Così la Coldiretti “Storico via libera della Commissione europea alla richiesta italiana di indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseario”; e ancora: “Raddoppia il prezzo del latte italiano dopo il via libera all’etichetta d’origine su latte e formaggi”. Aggiunge il Ministro: “Con oggi ufficializziamo che l’Italia porta in etichetta l’origine del latte e dei suoi derivati. E una tappa storica per il mondo dei produttori e degli allevatori ed è necessario per garantire sempre di più e sempre meglio i nostri allevatori in questo momento molto difficile per la crisi del latte che sta vivendo tutta l’Europa”. Finalmente quindi i consumatori potranno scegliere sugli scaffali dei supermercati i prodotti lattiero caseari in base alla provenienza italiana, mentre gli allevatori potranno godere dal punto di vista economico, della richiesta esclusiva del loro latte da parte dell’industria e della GDO. Ma è proprio così?
Salviamo il latte italiano
Il monitoraggio condotto su un campione di allevamenti bresciani e cremonesi ha dato come risultato per l’anno 2015 un costo per litro latte mediamente pari a € 0,48, a fronte di un ricavo pari a € 0,41 (IVA compresa).Il costo è stato calcolato, sommando l’incidenza dei costi di tutti i fattori produttivi per litro di latte venduto.
Er pasticciaccio brutto de…le quote latte
Il regime delle quote latte è uno strumento di politica agraria comunitaria che impone agli allevatori europei un prelievo finanziario per ogni chilogrammo di latte prodotto oltre un limite stabilito (quota latte). Curiosamente sono gli acquirenti di latte (latterie, caseifici, ecc.) a fungere da sostituti d’imposta. La quota è dunque “una sorta di autorizzazione amministrativa a commercializzare il latte senza pagare penale”. Scopo delle quote latte era evitare che la produzione di latte europea, diventando eccessiva, portasse a cali nel prezzo di vendita alla stalla, con quindi perdita di profitto per gli allevatori. Il quantitativo di riferimento di produzione di latte fu fissato con il reg. Cee 856 del 1984. Per l’Italia si presero a riferimento i presunti quantitativi di latte consegnati dai produttori alle imprese di trasformazione riferiti al 1983: le rilevazioni indicarono che il totale venduto dai produttori ammontava a 8.823 milioni di tonnellate. Tuttavia il nostro Paese era tra i pochi, oltre a Spagna e Grecia, a non registrare in quel periodo alcun eccesso produttivo, anzi importava la metà del latte consumato.