Le istituzioni europee, o, meglio, una oligarchia autoreferenziale non eletta da nessuno e pertanto in contrasto con i più elementari principi di democrazia, stanno sempre più attivando meccanismi automatici, col fine apparente di puntellare l’insostenibilità dell’euro. Ciò determina sempre più l’espropriazione delle rispettive Sovranità degli Stati membri, sia in termini di politica economica, ma anche delle stesse identità dei rispettivi Paesi. La costruzione monetaria europea ha dimostrato negli anni l’impossibilità di supportare le differenze fra le economie dei Paesi membri. L’adeguamento a un modello economico, i cui dogmi sono sintetizzati nella stabilità dei prezzi, nell’ossessivo contenimento dell’inflazione, nel rigore dei conti e nel pareggio di bilancio come presupposto per la crescita, hanno fatto letteralmente sprofondare le economie continentali in una crisi economica paragonabile solo a quella del ’29. La realtà è che l’euro non è una moneta sovrana, ma un accordo di cambi fissi, regolato da stretti vincoli macroeconomici sanciti dai Trattati, senza quindi uno Stato sottostante che ne determini i normali e logici aggiustamenti congiunturali. Ne consegue che l’euro è l’unica moneta mondiale alla cui rigidità deve adeguarsi l’economia reale e non viceversa, come dovrebbe logicamente essere.