La storia della Centrale del Latte di Brescia S.p.A. ha inizio nel 1930 e parte ovviamente dal latte. Scopo della Centrale del Latte di Brescia era infatti assicurare ai cittadini il controllo igienico di questo alimento e garantirne ogni giorno la distribuzione. Dal 1931 a oggi la produzione, oltre al latte, passa per i latticini, uova, verdure di 4° gamma, affettati e una linea di prodotti biologici. I risultati economici della Centrale parlano di un fatturato complessivo pari ad oltre 54 milioni di euro (anno 2013) e utili che da anni superano il milione di euro. La Centrale storicamente era partecipata quasi per intero dal Comune di Brescia, salvo una piccola quota detenuta dalla Provincia ed una dalla Camera di Commercio. A causa delle difficoltà di bilancio creata in particolare dalla realizzazione della metropolitana a Brescia, il Consiglio Comunale, in data 19.12.2013, ha approvato l’indirizzo a ridurre fino al 52% delle quote la propria partecipazione detenuta in Centrale. Con la vendita degli ultimi due lotti delle quote di Centrale del Latte Brescia e con un’offerta di 4,45 euro ad azione, Coldiretti Brescia Hc. Srl si è aggiudicata i due residui lotti posti in vendita dal Comune. L’altro partecipante al bando, la Nuova Emilgrana di Bergamo, aveva invece messo sul tavolo 4,03 euro ad azione. Coldiretti, in questo modo, prosegue la scalata volta alla conquista della Centrale, diventando così il secondo socio dopo il Comune, con il 12,65%. La Centrale del Latte a questo punto vede il proprio capitale così suddiviso: Comune di Brescia 54 %, Coldiretti Hc srl 12,7%, Iniziative Alimentari (Ambrosi, Lonati, ecc.) 11,7%, BIM (Consorzio Comuni Valcamonica) 5,9%, Cooperativa Latte Brescia 5,9%, Nuova Emilgrana (Gruppo Zanetti SpA) 5,8%, Cooperativa Produttori latte indenne Brescia 3%, Agrilatte Cooperativa 2,9%.
Mentre la presenza del Gruppo Ambrosi, o di Zanetti può essere vista come una garanzia di sviluppo industriale di alto livello, così pure le tre Cooperative prime acquirenti latte (Coop. Latte indenne, Latte Brescia e Agrilatte) sono giustificabili essendo già conferenti latte, invece difficilmente si riesce a dare un’interpretazione positiva a favore della Centrale per la partecipazione della Coldiretti Hc (controllata dalla Federazione Provinciale Coldiretti Brescia) e per BIM (Consorzio dei Comuni Valcamonica). Si consideri che Coldiretti Hc, risulta una società con scarso peso economico; infatti dall’ultimo bilancio pubblico (2013) risulta aver gestito un fatturato di soli 16.520 euro, con un capitale versato di 50.000 euro. Amministratore Unico di Coldiretti Hc srl è Ettore Prandini, già Presidente di Coldiretti Brescia, Lombardia e vice nazionale e figlio di Giovanni Prandini (ex ministro Lavori Pubblici). Questa partecipazione alla Centrale del latte, da parte di Coldiretti già di per sé così volutamente importante, sarà ancor più rafforzata dalla presenza della cooperativa Latte Brescia, notoriamente di stretta area Coldiretti e, probabilmente dallo stesso BIM, portando l’area di riferimento Coldiretti a quasi il 25% delle quote detenute in Centrale del latte. A questo punto alcune domande sorgono spontanee: ci si chiede, ad esempio, come la Coldiretti Hc possa aver speso per l’acquisto delle quote in Centrale più di 4 milioni di euro, sia pure supportata in questo dal sindacato provinciale, il quale , per altro rappresenta non solo il mondo del latte, ma anche altre produzioni. Comunque è, a tutti gli effetti, una bella somma, ma raccolta attraverso quali finanziamenti ? Inoltre, quale valore aggiunto, o sviluppo possono suggerire un sindacato agricolo e un consorzio di Comuni ad un’impresa già così efficiente come è la Centrale del latte di Brescia? Forse la pretesa di un prezzo maggiore corrisposto agli allevatori conferenti, ma che porterebbe inevitabilmente fuori mercato l’attività primaria della Centrale stessa? In considerazione delle sempre maggiori ristrettezze economiche che attraversano i Comuni, con una sempre minore trasferimento di fondi da parte dello Stato, ci si chiede inoltre, come si sia finanziato il BIM, Consorzio di Comuni, per una spesa di ben 1,8 milioni di euro. Tutte domande la cui risposta rimane in sospeso, ma il dubbio è che il futuro di Centrale del latte di Brescia sarà più difficile e che forse tutti questi movimenti societari siano solo una manovra per accaparrare posti di comando prestigiosi (ndr. poltrone), ma senza porre il basilare requisito delle necessarie competenze. Forse anche a questo aveva il dovere di pensare l’Amministrazione Comunale, in modo da garantire un futuro più certo alla Centrale, poco influenzato da logiche che di industriale hanno poco a che fare.
Fausto Cavalli