L’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha rilasciato una decina di giorni fa un report secondo il quale il 2014 sarebbe stato l’anno più caldo di sempre, ovvero, in maniera più appropriata, quello in cui la temperatura media del pianeta è stata più alta da quando si fanno misure oggettive e da quando si suppone di disporre di serie storiche sufficientemente affidabili. Si tratta di un concetto di ‘sempre’ come comprenderete piuttosto relativo, così come molto relativa è la robustezza scientifica di una classifica che vede gli anni separati da centesimi o millesimi di grado quando l’errore della misura è un ordine di grandezza superiore. Per cui, pur essendo palese il fatto che di crescita delle temperature statisticamente misurabile non si possa parlare più da oltre tre lustri, quello che stiamo vivendo è un periodo che le osservazioni della temperatura superficiale identificano come più caldo rispetto a metà ottocento. Un Global Warming che dovrebbe proseguire, almeno secondo i modelli climatici, sebbene si tratti degli stessi modelli che non hanno previsto che l’aumento delle temperature avrebbe subito una battuta d’arresto su cui si è inoltre attivato un acceso dibattito scientifico. A causa di questo caldo sempre crescente, fanno sapere dei ricercatori che hanno recentemente pubblicato un lavoro su Nature Climate Change, dovrebbe arrivare anche un serio impatto sulla produzione globale di cereali, su cui pende la stima di un calo del 6% per ogni grado centigrado di temperatura che il pianeta dovrebbe subire.
A questa conclusione gli autori della ricerca sono giunti impiegando un set di 30 modelli di simulazione della produzione cerealicola testati con osservazioni sul campo per un range di temperature che va da 15 a 32°C. Ora, al di là del fatto che una cosa è la temperatura media superficiale globale e altro sono le variazioni della temperatura stessa a livello regionale, ossia per esempio dove effettivamente si coltiva, viene in mente un’altra cosa. Più o meno in contemporanea con il comunicato stampa della WMO, ce n’è stato un altro della FAO, un lancio che ha accompagnato l’uscita dell’ultimo rapporto Crop Prospect and Food Situation, nel quale si legge che il 2014 – ripeto forse il più caldo di sempre – vedrà anche un altro record, quello della produzione mondiale di cereali. Non solo, grazie al nuovo record, anche le scorte faranno segnare la consistenza più elevata degli ultimi 15 anni. Evidentemente deve essergli sfuggito qualcosa. Così come sfugge da anni a quanti prospettano disastri alimentari di vario genere in conseguenza di altrettanto vari disastri climatici, che la produzione di cibo su questo pianeta sull’orlo del baratro non ha mai smesso di crescere, facendo segnare record su record soprattutto nelle ultime decadi, ossia quelle in cui sono aumentate le temperature. Se prendiamo le serie storiche FAO delle rese globali dei cereali dal 1962 al 2013 osserviamo una crescita relativamente costante di 0.04 t/ha, per cui dalle 1 t/ha del 1961 si passa alle 3.64 t/ha del 2013. E’ una progressione fantastica e che giustifica il fatto che la percentuale di esseri umani con problemi di sotto nutrizione è calata nello stesso periodo dal 37% all’11% della popolazione mondiale. Certamente ha giocato un ruolo determinante l’innovazione tecnologica, ma ho il sospetto che i periodi caldi siano climaticamente favorevoli per le colture, voi che ne dite?
Fausto Cavalli
Tratto da articolo di Guido Guidi su Climatmonitor